La storia del Willem II: la squadra che porta il nome di un Re


Tilburg, cittadina in rapida espansione del Sud dell'Olanda, nota oggi per l'industria tessile ed una università di livello mondiale, è sempre stata nel cuore del Re Guglielmo II. 

Durante la rivoluzione belga del 1830, il Re dei Paesi Bassi pose il suo quartier generale proprio nella città, oggi sesto centro abitato più grande d'Olanda, legando, per sempre, il suo nome a quello della squadra del Noord-Brabant.
Da oltre 110 anni  (il Willem II è stato fondato nel 1896 come Tilburgia ma rinominato solo due anni dopo con il nome che conosciamo tutti), il club, i suoi giocatori ed i suoi tifosi sono sempre andati fieri del nome della loro squadra ed hanno il vanto di essere una team leale, composto da gentiluomini che giocano un calcio elegante. Insomma, di calciatori degni di portare il nome di un Re.

Dopo solo vent'anni dalla sua fondazione, la squadra è stata capace di spezzare l'egemonia dell'HVV Den Haag, del Rap Amsterdam e dello Sparta Rotterdam, aggiudicandosi il titolo nel 1916, cui seguirono altre due vittorie nei campionati post seconda guerra mondiale (1952 e 1955), durante quella che verranno ricordati come l'epoca d'oro del Willem II.

E' probabilmente negli anni dell'occupazione nazista che la squadra di Tilburg si accaparra la simpatia di tanti olandesi e il perché è presto detto: in quegli anni la famiglia reale era espatriata in Inghilterra, il tricolore olandese era stato bandito e tutti i nomi delle strade intitolate ai reali erano stati cambiati dai gerachi tedeschi.
Il Willem II, che in quegli anni era una delle squadre più forti in Olanda, giocava un calcio spettacolare e dava l'opportunità a tutti gli olandesi di fare qualcosa che altrimenti sarebbe stato loro impedito: alzarsi in piedi e applaudire un tricolore (quello della maglia del Willem) e il nome di un Re olandese.

Dopo i fasti degli anni 50, la squadra visse un periodo nero, coinciso con il passaggio e il complicato adattamento al calcio professionista.
Seguì un decennio segnato dalla retrocessione in Eerstedivisie ma anche della vittoria della seconda Coppa d'Olanda (la prima risale al 1944, pochi mesi prima dello sbarco in Normandia) del club biancorossoblu, impegnato in una affascinante sfida europea contro il Manchester United. L'avventura fu breve ma intensa: dopo un pareggio per 1-1 nella gara d'andata giocata a Rotterdam, gli inglesi si affermarono in casa propria con un pesante 6-1 che non scalfì, però, l'orgoglio della tifoseria.
 


In un crescendo di buone prestazioni e altalenanti fortune economiche, all'alba degli anni 2000 venne l'era dell'allenatore Co Adriaanse, ricordato ancora con gioia dai tifosi del Willem per aver riportato la loro squadra alla ribalta europea. 


Inaspettatamente, facendo giocare alla sua squadra un calcio spregiudicato ma vincente, quel giovane allenatore arrivato dallo Jong Ajax riuscì a portare il Willem al secondo posto in Eredivisie, alle spalle del Feyenoord.
La città impazzisce e già alcune settimane prima dell'inizio del campionato successivo, tutti gli abbonamenti disponibili vengono venduti.
L'esordio nella massima competizione per club assume, però, i toni di un vero e proprio reality-check: nelle prime tre gare contro Spartak Mosca, Bordeaux e Sparta Praga, i Tricolores subiscono 3 sconfitte, segnando 3 goal e subendone 9.

Il 20 ottobre 1999 al Willem II Stadion arriva lo Sparta Praga, che poco meno di un mese prima aveva annichilito la squadra di Adriaanse, vincendo per 4 a 0 tra le mura amiche.
L'inizio della gara è dei più confortanti, perchè nel giro di 6 minuti Mariano Bombarda e Dmitri Sjoekov portano il Willem II avanti di due reti. Si va, però, al riposo sul 2 a 1, perchè poco dopo il quarto d'ora di gioco, i ceki accorciano con Nowotny.
L'inizio della ripresa fa sussultare il pubblico di casa, in delirio per il 3-1 firmato da Schenning, ma nel corso del secondo tempo lo Sparta Praga placa immediatamente ogni entusiasmo, completando la rimonta perfetta con un rigore a tempo scaduto, che regala il 3-4 finale e sugella la quarta sconfitta consecutiva.




Inutile negare l'evidenza: il club di Tilburg, abituato a galleggiare nelle posizioni di media classifica in Olanda, non era attrezzato per competere con delle squadre di livello europeo. Il presidente Gerrit Brockx, ricordandosi di essere il massimo rappresentante di una squadra di gentleman, affermò che nel contesto europeo, quando sono in circolo grandi quantità di denaro, in pochi sono in grado di mantenere il loro aplomb e questo il Willem II, la squadra che porta il nome di un Re, non poteva assolutamente permetterselo.
Un cambio di modulo, più accorto rispetto a quello utilizzato in Eredivisie, insieme a un moto d'orgoglio, permise alla squadra biancorossoblù di ottenere due pareggi nelle ultime due gare di Champions League. L'esperienza non si era rivelata un successo, ma il club era riuscito, comunque, a scrivere un importante capitolo della sua storia, mettendo in luce alcuni dei suoi talenti.
Ad attirare le mira dei grandi club, però, è proprio Adriaanse, che ufficializza il suo addio a fine stagione, rassegnando le dimissioni dopo l'umiliante 1-4 casalingo contro il Cambuur. Per lui, come già noto da mesi, è pronto il ruolo di allenatore dell'Ajax.


Il post-Adriaanse non è un periodo facile. Hans Westerhof, Mark Wotte e André Wetzel non si rivelano all'altezza di replicare quanto fatto tra il 1997 e il 2000 e così la dirigenza, orfana anche di Martin van Geel, decide di mettere sotto contratto l'ex ajacide Barry Hulshoff, nella speranza di rilanciare le sorti della squadra.
Alle grandi spese occorse per rafforzare la squadra, non seguono grandi risultati. Il ritorno degli investimenti effettuati nel corso del decennio è pressoché nullo e il club inizia ad affondare nelle parti più basse della classifica, mentre si fa sempre più incombente lo spettro della bancarotta, sfiorata a più riprese.

L'uomo della svolta si chiama Jurgen Streppel.
La rinascita del club, aiutato da profondi tagli alle spese effettuate negli ultimi anni e dal comune di Tilburg, disposto ad accollarsi parte del debito, passa anche dalle capacità di questo allenatore, che nel corso di cinque anni è riuscito a guadagnare una promozione in Eredivisie e terminare un campionato al nono posto, miglior risultato dal 2003 ad oggi.

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