La storia del De Graafschap, orgogliosi contadini di Doetinchem


L'ultima gloria del De Graafschap risale alla stagione 2009/2010, quando da padroni assoluti dell'Eerstedivisie, s
pinti dai gol del franco-argentino Hugo Bargas (giramondo apparso anche in Italia, con la maglia grigiorossa della Cremonese) e di Yuri Rose, i biancoblù ottennero la tanto agognata promozione in Eredivisie.
Boeren, in italiano contadino, è un termine utilizzato spesso come offesa, con cui i tifosi che vivono realtà calcisticamente più importanti, tendono ad irridere i rivali.
Fieri della loro provenienza dalla piccola cittadina di Doetinchem, situata nel cuore dell'Achterhoek, splendida zona rurale nella provincia del Gelderland, vicino al confine tedesco, i tifosi e i calciatori del
 De Graafschap si fanno chiamare, orgogliosamente, proprio Superboeren.

La fortezza della squadra di Doetinchem si chiama De Vijverberg, catino da dodicimila posti recentemente ristrutturato. E' qui che, nel febbraio del 1954, Johan Roodbergen fondò il club calcistico, con l'idea di portare il calcio anche nell'Achterhoek, dove fino ad allora la gente del posto si dedicava quasi esclusivamente all'agricoltura.
In uno stadio pieno in ogni ordine di posto, all'esordio ufficiale la squadra allenata da 
Leendert IJsennagger pareggiò contro il Fortuna '54. Un goal a testa, con Anton Beumer a siglare la rete dei padroni di casa, bastò al pubblico di Doetinchem per entusiasmarsi e ringraziare il Presidente Roodbergen, fedelmente seduto in tribuna (proprio in quella che, in seguito, è stata ribattezzata col suo nome) nonostante fosse praticamente cieco. 



In quegli anni, che verranno ricordati come i più disorganizzati nella storia del calcio olandese, presero il via due campionati paralleli: quello professionistico ed indipendente della NBvB e quello ufficiale, disputato ancora a livello amatoriale, della KNVB. 
Un grosso grattacapo per la federcalcio oranje, alla ricerca della soluzione al problema della migrazione dei giocatori dalle squadre storiche, ferme al livello amatoriale (e tra le quali c'era ancora l'Ajax), verso i nuovi club che offrivano ai calciatori importanti somme di denaro, al pari di quanto accadeva negli altri paesi.
Gerrit e Epi Jansen, Karel Weijand, Gerrit Kluin, Eddie Hendriks, Dick Faber e Wim Hendriks, gran parte della spina dorsale della squadra del Vitesse, ad esempio, scelsero di giocare per il De Graafschap proprio per ragioni economiche. Per rendere l'idea basta provare a immaginare un trasferimento di massa di calciatori dal Milan al Monza. Possibile?
La rivalità tra le due squadre della Gelderland, nata proprio per questo esodo, non si è mai assopita, ma si trattava solo dei primi sintomi di un cambiamento epocale nella struttura calcistica del calcio olandese, che iniziavano a farsi sempre più evidenti.
Di lì a poco, infatti, KNVB e NBvB si fusero, dando vita all'attuale sistema di organizzazione, con il passaggio di tutti i club al calcio dei professionisti.




Nonostante gli oltre cinquant'anni di vita, il De Graafschap è ancora privo di un trofeo nella propria bacheca. Il più grande successo della squadra biancoblù, infatti, è rappresentato dagli otto anni di permanenza consecutiva in Eredivisie, tra il 1996 e il 2003, con uno straordinario ottavo posto nel 1997.
Pur senza importanti picchi di successo, la squadra ricorda fieramente i suoi eroi, il più famoso dei quali è sicuramente Guus Hiddink, allenatore che può definirsi una leggenda vivente del calcio olandese, più per quanto fatto in panchina (PSV, Korea del Sud e Australia i suoi capolavori) che per quanto visto sul rettangolo verde.
Nato e cresciuto con la maglia del De Graafschap, a 24 anni Hiddink passò al PSV, dove rimase per una sola stagione. I tifosi del De Graafschap, infatti, organizzarono una colletta per raccogliere i fiorini necessari per aiutare la società a riacquistare il loro beniamino, ben contento di tornare a vestire i colori biancoblu per altre sei stagioni. Curiosamente, Hiddink aveva iniziato ad allenare i giovani della squadra prima di diventare giocatore. Certe volte, è evidente, il destino ha già tracciato la nostra strada.

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