Verso Oriente l'impero dirige il suo corso. Come può cambiare il calcio europeo dopo l'acquisizione dell'ADO Den Haag da parte di una società cinese




E’ tempo di cambiamenti anche per l’Eredivisie. L’Ado Den Haag, club dell’Aia, è stato recentemente acquistato dal gruppo Cinese United Vansen Sport International, già noto al calcio Italiano per le collaborazioni con Sampdoria e Napoli, e per aver organizzato le due edizioni di supercoppa italiana del 2009 ( Lazio ) e 2011 ( Milan ). Secondo le dichiarazioni dei nuovi acquirenti non vi saranno stravolgimenti societari, chiaramente la squadra punterà a delle posizioni più nobili rispetto al nono posto dello scorso anno, ma l’ADO continuerà ad essere gestito come un tipico club olandese, puntando sulle accademie giovanili e i direttori tecnici e commerciali continueranno ad essere per il momento olandesi.
I dati dell’acquisto non sono stati ancora resi noti, ma lo U.V.S. metterà a disposizione per il mercato e per gli investimenti sul settore giovanile una cifra vicina ai 10 milioni di euro, numeri molto ricchi per il campionato olandese.

Quella dell’ADO è una realtà piccola e la squadra non vanta un ricco palmares (con due soli titoli Eredivisie conquistati nelle stagioni '41-'42 e '42-'43). Il cambio di proprietà dovrebbe permettere un margine di miglioramento molto ristretto almeno per i primi anni, visto anche il valore del campionato olandese, oramai considerato come trampolino di lancio dai molti. Nonostante tutto, l’acquisizione della squadra olandese fa notizia, dato che è la prima, nel panorama europeo ad essere di proprietà cinese, dopo che altri impresari negli anni passati avevano tentato di acquisire azioni della Roma e del Liverpool, ma senza successo. Molti sono i club in Europa che hanno dei proprietari orientali, la maggior parte sono della Premier League, fra i club più noti vi è l’Arsenal (il 30% è di proprietà iraniano), il Manchester City (Emirati Arabi), Birmingham City (Hong Kong), Nottingham Forrest (Kuwait), PSG (Qatar), per giungere agli acquisti degli ultimi anni di Inter (Malesia), e quello imminente del Valencia (Singapore). Naturalmente tutte queste favole non sempre hanno una fine lieta, basti ricordare le vicende del Malaga e dell’Anzhi, tornate nel baratro degli ultimi posti in classifica dopo che i proprietari hanno abdicato. Nonostante tutto, è notevole l’influenza di investitori orientali, e nei prossimi anni, saranno due le nazioni che la faranno da padrone: Il Qatar e la Cina.


E’ oramai risaputo da tempo, che nel 2022, fra mille polemiche, il Qatar ospiterà i mondiali. L’edizione appena passata, nella quale l’Olanda ha conquistato un meritato terzo posto, ha insegnato che i poteri economici la faranno sempre più da padrone negli anni a venire. La FIFA è riuscita a vendere i diritti televisivi per 2,3 miliardi di dollari, contro gli 1,8 e 1,2 delle manifestazioni precedenti. Anche i premi alle varie federazioni hanno visto un notevole incremento: del +12% rispetto al 2010 e +78% al 2006, per un totale di 349 milioni. A questo aggiungiamo le spese del governo Brasiliano, che hanno causato innumerevoli polemiche fra la popolazione carioca, di fatto, la ristrutturazione e l’edificazione di nuovi stadi, è costata la cifra record di 2,7 miliardi, contro il totale di 2,1 delle due manifestazioni antecedenti. Gli scenari economici sono in rapido sviluppo, e già l’influenza sui vari campionati nazionali è notevole, di questo passo si creerà una disparità ancora più grande fra i club di punta e quelli che arrancano in fondo alla classifica, per questo, l’ingresso dei cinesi nell’Eredivisie può essere una boccata d’ossigeno per la lega.

Analizzando la realtà calcistica del Qatar, le squadre di club che militano nel campionato maggiore non sono affatto note al pubblico d’occidente, inoltre è considerato un campionato di “fine carriera” ( vedi i fratelli De Boer che hanno militato nell’Al Shanal e nell’Al Rayann ), vengono ingaggiati per la maggior parte, giocatori a cui è scaduto il contratto. Ma l’influenza del Qatar, sui campionati europei, è notevole. Nel 2011 lo sceicco Nasser Al-Khelafi ha acquistato il PSG, di lì a pochissimi anni, è divenuta una delle squadri più forti in Europa, grazie all’approdo di grandi campioni, per la maggior parte provenienti dal campionato italiano, pagati a peso d’oro ( Sirigu, Pastore, Verratti, Ibrahimovic etc…), mentre dall’Eredivisie, è stato acquistato dall’Ajax il terzino destro Van der Wiel e, negli ultimi giorni, si è tentato un affondo per il capitano del PSV Wijnaldum. Secondo lo sceicco, il PSG deve rappresentare il calcio qatariota nel mondo, una sorta d’ambasciata, anche se tale fatto non è ben accetto dal popolo parigino, che vede la propria squadra come un corpo estraneo, data la presenza di molti sudamericani e pochissimi francesi. Non si ferma solo a questo l’influenza del Qatar: la linea aerea araba ( Qatar Airways ) sponsorizza da qualche anno il Barcellona, la cui maglia era per così dire “pura”, senza sponsorizzazioni di sorta, ma si son visti costretti ad accettare, dati gli enormi debiti con le banche. Quella del Qatar, è stata un’azione sino ad ora parassitaria sul calcio europeo, ma i dati sugli investimenti in questa sessione di mercato parlano chiaro: il solo Al Arabi, ( qualche mese fa vicinissima all’acquisto di Xavi Hernandez, poi sfumato dato il rinnovo con la squadra catalana ) ha speso in questa sessione 27,3 milioni di euro, contro i 20 milioni complessivi delle 18 squadre di Eredivisie. Nonostante tutto il Qatar e il calcio mediorientale continuerà a essere una meta più gettonata per giocatori a fine carriera, e i movimenti fini a se stessi, data l’assenza di una programmazione. Uno scenario ben diverso da quello cinese.

Quest’ultimo è un campionato a noi italiani più noto, per la presenza di Marcello Lippi, Alessandro Diamanti e Alberto Gilardino, tutti in forza al Guanzhou Evergrande, ci si limita a questo, senza sapere che i progetti delle squadre e il loro rapporto con il mondo occidentale è ben diverso da tutto il resto dell’Asia. Non si punta su giocatori a cui è scaduto il contratto, ma si cerca di costruire una squadra giovane e vincente, basti pensare all’acquisto di Dariò Conca tre stagioni orsono, allora il trequartista argentino era stato eletto come miglior giocatore del sudamerica, fu prelevato per una cifra vicina agli 8 milioni di dollari. Tornando al nostro paese, sia per Diamanti che per Gilardino è stato pagato il cartellino, giocatori che nella Serie A, avrebbero continuato a giocare a buoni livelli ancora per qualche anno, dopotutto entrambi, erano da poco usciti dal giro della nazionale. Ma non è solo il caso degli italiani, negli ultimi anni, fra i tanti, hanno militato in Cina Drogba, Anelka e il meno noto Vagner Love. Sullo sviluppo del calcio in Cina si deve fare un grosso passo indietro, fino ai mondiali 2002 di Corea e Giappone. Nonché prima partecipazione della nazionale asiatica alla fase finale. Il popolo cinese aveva delle grandi aspettative, perlomeno di passare la fase a gironi. Il giro d’affari delle emittenti televisive si era allargato notevolmente, per un solo secondo di spot durante le partite, la CCTV5 guadagnava la bellezza di 6.000 dollari. L’avventura cinese finì prima del previsto, con tre sconfitte, zero gol fatti e ben nove subiti. Nonostante sia sempre stato lo sport più seguito dal popolo, di lì a poco il numero di giovani calciatori calò drasticamente, da 300.000 a 18.000 unità. I risultati negli anni a venire non furono dei migliori, la Chinese Premier League fu protagonista di scandali riguardanti il calcio scommesse, e si faticava a trovare degli sponsor che permettessero al campionato di poter partire con regolarità, una situazione in netta contrapposizione con il resto dello sport cinese, che nell’ultimo decennio ha dominato in campo olimpico. Per assurdo, la rinascita del calcio cinese la si deve a un americano che lavorava in Giappone: Tom Byer. Calciatore degli anni ottanta, che dopo una carriera passata a giocare, in America, Inghilterra, ed infine in Giappone, proprio nella terra del sol levante aveva istituito una prolifica scuola calcio. Il governo cinese decise di ingaggiarlo, mettendogli a disposizione le migliori infrastrutture al mondo. La nuova scuola calcio cinese si situa a qualche km da Pechino, conta ben 50 campi da calcio, oltre a palestre e piscine, il tutto circondato dal verde, in un paesaggio costellato da campanili e torri medievali. Le giovani leve concordano sul fatto che tale ambiente, ricorda loro una storia fantasy. Il progetto è stato finanziato dalla Dailan Wanda, per 500 mln di dollari in 5 anni, con l’ingaggio di tecnici e osservatori delle giovanili del Real, che hanno girato il paese alla ricerca di nuovi talenti. Un grosso passo in avanti, dato che le scuole calcio pochi anni fa iniziavano all’età adolescenziale, in netta contrapposizione con la tradizione olandese. Nel frattempo, con l’arrivo di tecnici stranieri, sono cresciute pure le squadre del campionato, Lippi è stato il primo allenatore nella storia a portare una cinese a vincere l’AFC Champion’s League.

Lo scenario calcistico in Cina, nonostante sia in costante crescita, resta ben diverso da quello che si vive in Europa. Basti pensare ai nomi delle squadre: Guanzhou Evergrande è il nome di una società di immobili, un po’ come se l’Ajax si chiamasse Aegon. Situazione del tutto normale in Cina, le squadre spesso cambiano nome a seconda della sponsorizzazione, mentre altre volte i governi locali si fanno carico di ingenti spese per tenere a galla un club. Situazioni che non creano grande attaccamento da parte del pubblico, i team nulla hanno a che fare con la storia, e la loro tradizione non è affatto radicata nel sociale, quel che manda avanti quel calcio “là”, è solamente un cinico motore economico. Seppur i passi da fare siano ancora tanti, il calcio cinese ha indicato la via del futuro, non ci dovremo stupire, se fra qualche anno gli sponsor la faranno sempre più da padrone, se la pubblicità risucchierà il mondo del calcio e lo scontro decisivo per l’Eredivisie sarà fra Philips e Aegon. Non stupiamoci, se fra venti o trent’anni inizieremo ad appassionarci del campionato cinese, che avrà fatto incetta dei migliori talenti su scala globale, uniti agli atleti usciti dalle loro mastodontiche scuole calcio. Non stupiamoci, se i nuovi Messi e Cristiano Ronaldo giocheranno “là”. Dopotutto continueremo a seguire i nostri club d’occidente, come abbiamo sempre fatto, ma se il nuovo pallone d’oro, giocherà in Spagna o in Cina, poco ci cambierà, la distanza dallo schermo rimarrà la stessa.

A cura di: Nicholas Gineprini

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