La storia della nazionale olandese - Gli anni '70 (Quarta Parte)


A Monaco di Baviera erano presenti quasi 80.000 spettatori all’evento che concludeva la X Coppa del Mondo. Gli allibratori inglesi pagavano a uno la vittoria dell’Olanda e quella della Germania Ovest a due. Anche gli osservatori neutrali e la stampa specializzata di tutto il mondo si esprimevano nel pronostico favorevole agli olandesi per quanto si era visto sinora. L’Olanda era apparsa più brillante e più autoritaria dei tedeschi, guidati da Helmut Schön, i quali avevano sollevato numerosi interrogativi per l’estrema difficoltà dimostrata per arrivare al gol. Gli Oranje avevano segnato 14 reti in sei gare, concedendone solo una, mentre i tedeschi erano andati in gol 11 volte a fronte delle tre reti subite. Anche le cifre, quindi, sembravano indicare l’Olanda come la squadra vincitrice. Ma il calcio è il gioco più imprevedibile del mondo e si incarica sovente di contraddire il pronostico.
La Germania Ovest, oltre ad essere la squadra padrona di casa, era anche la squadra Campione d’Europa in carica. Era guidata dal suo capitano Franz Beckenbauer, che giocava dietro la difesa anziché davanti come faceva Haan nell’Olanda. In difesa c’erano poi Vogts, detto “il mastino”, Breitner e Schwarzenbeck. Tra i pali c’era forse il miglior portiere di quel periodo: Sepp Maier. A centrocampo giostrava un trio di classe mondiale composto da Overath, Hoeness e Bonhof. In attacco c’era Gerd Müller, prolifico centravanti supportato da Hölzenbein e Grabowski che, pur giocando sulle fasce, non erano delle ali pure. Nell’undici titolare tedesco c’erano ben sei giocatori del Bayern München (Maier, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Breitner, Höeness e Müller) fresco Campione d’Europa. Nell’Olanda l’unico dubbio era quello legato alla presenza di Rensenbrink. All’inizio si era data la notizia che in campo sarebbe sceso Theo de Jong, dando così un’impronta più difensiva all’armata olandese. Quindi era la volta di Piet Keizer a dover sostituire l’ala sinistra dell’Anderlecht. Alla fine Rensenbrink era regolarmente in campo, anche se la sua gara durò solo quarantacinque minuti.

Le formazioni che scesero in campo erano identiche a quelle schierate nelle rispettive semifinali. L’arbitro designato per la finale era l’inglese Taylor: gli olandesi non sono molto convinti della scelta, visto che l’Inghilterra ha un “debito” sportivo nei confronti della Germania Ovest (il gol fantasma di Geoff Hurst nella finale del 1966). L’incontro iniziava con qualche minuto di ritardo poiché mancavano le bandierine del calcio d’angolo. Superato il disguido organizzativo, il direttore di gara fischiava l’inizio dell’incontro e questa paura degli olandesi veniva smantellata dai fatti: con 15–tocchi–15 (Cruijff, Van Hanegem, Neeskens, Krol, Rijsbergen, Haan, Suurbier, Haan, Rijsbergen, Haan, Cruijff, Rijsbergen, Krol, Van Hanegem, Neeskens, Rijsbergen, Cruijff) l’Olanda tiene palla, ma non guadagna metri: Cruijff riceveva il pallone a centrocampo, innestava il turbo lasciando sul posto Vogts, e con un’azione di sfondamento, in “dribbling” prolungato, veniva atterrato da Höeness dentro l’area di rigore.
L’arbitro, tanto vicino quanto coraggioso, assegnava il penalty dopo soli 53’’ di gioco, il primo rigore fischiato in una finale di Coppa del Mondo. Il capitano tedesco, Franz Beckenbauer, si scagliava contro l’arbitro Taylor; ai tempi, mancando l’invasiva e invadente presenza delle Pay–TV, la lettura del labiale era esercizio poco praticato e capitan Beckenbaueur poté permettersi di mandare a quel paese Taylor a modo suo: “You are an english man!”, “Sei proprio un inglese” che, detto da un tedesco ad un cittadino della Perfida Albione, suona peggio dell’italicissimo “vaffa”. Johan Neeskens, infallibile rigorista, si incarica della trasformazione e fredda Seep Maier dagli undici metri con un tiro forte e centrale.
La tifoseria tedesca era come ammutolita ed era proprio in questo periodo che gli olandesi perdevano la partita. I piani tattici della vigilia erano già carta straccia. Tutti meno uno, la marcatura di Vogts su Cruijff. Dopo 3’25’’ il duello aveva già prodotto troppe scintille e nel giro di 120’’ Vogts stendeva per due volte il capitano olandese. Al terzo intervento Taylor sventolava il cartellino giallo sotto il naso del mastino tedesco. Tutto faceva pensare ad una gran partita, ma la gara si addormentava. Gli olandesi, anziché tentare di realizzare un’altra rete, che avrebbe significato la vittoria finale, lasciarono l’iniziativa ai padroni di casa che, assorbito il colpo del subitaneo svantaggio, non si persero d’animo e cominciarono a riorganizzarsi.
Fra i teutonici montava la rabbia ma non il nervosismo, che invece iniziava a pervadere gli Oranje. La Germania Ovest era una grandissima squadra: in difesa comandava Franz Beckenbauer, a centrocampo ci pensava Wolfgang Overath a ricucire il morale dei compagni con ispirate parole e poi, in avanti, c’era sempre Gerd Müller, il pericolo pubblico numero uno. Quasi timorosi del vantaggio, gli olandesi cercavano di controllare la partita con una irridente “melina”, ma i tedeschi, guidati da “Kaiser Franz” riorganizzarono subito le fila. Era proprio il capitano ad organizzare la difesa e a farsi quaranta metri palla al piede, tirare, tornare alle spalle di tutti ad un ritmo impossibile e con una classe da leggenda. I tedeschi ripresero fiducia e cominciarono ad affacciarsi nell’area degli olandesi. Il “Maoista” Paul Breitner forniva una spinta propulsiva degna della più potente dinamo, Wolfgang Overath giocava sempre a testa alta, lanciava Höeness da una parte e dall’altra e questi cercava sempre il guizzo personale o la soluzione per il centravanti. Gli Olandesi subivano e rispondevano con rari affondi verticali, limitandosi, in pratica, a giocare sempre e comunque in parallelo alla linea di fondo.
Tuttavia, nell’ansia di arrivare in gol, i tedeschi sbagliavano molto: Breitner sparava alto sopra la traversa, Hölzenbein metteva a lato nella foga di concludere: lo stesso Rainer Bonhof, proprietario di una micidiale legnata da fermo, aveva perso il senso balistico che lo contraddistingueva. Al 23’ ci fu un contrasto al limite dell’area di rigore olandese, tra il centravanti Müller ed il suo marcatore Rijsbergen. Ebbe la peggio il difensore che restò a terra dolorante. Müller ebbe qualcosa da ridire e protestò passando accanto a van Hanegem. Appena il tedesco gli dette le spalle, “der Kromme”, “il Gobbo” come lo chiamano i tifosi del Feyenoord Rotterdam per la sua caratteristica andatura curva, gli mollò una spintarella.
Gerd Müller cadde come tramortito accentuando clamorosamente l’entità dell’impatto. Bilancio: Müller impunito e Van Hanegem ammonito. Ma qui urge spiegazione. Durante la Seconda Guerra Mondiale il povero Wim aveva l’80% della famiglia, padre, sorella e due fratelli, tutti sterminati dai Nazisti. Per lui quella contro i tedeschi non poteva essere una partita come le altre. Tutto ciò contribuì ad incrementare frizioni tra le parti. L’offensiva dei padroni di casa otteneva però uno sbocco positivo: al 25’ Neeskens sfondò a destra e mise la palla in mezzo, i tedeschi intercettarono e ripartirono. La manovra si sviluppò secondo il classico asse Beckenbauer-Overath, da questi per Hölzenbein sull’out di sinistra. Breitner, in sovrapposizione, depistò Krol. Intanto l’ala tedesca intravedeva un varco e vi si infilò. Dalla trequarti, la sua progressione si fece irresistibile e la difesa olandese, ebbe il torto di non chiudere in tempo.
Hölzenbein avanzò ancora e, mentre tutti si aspettavano il cross, con grande intelligenza, proseguì l’azione ed entrò autoritariamente in area per cercare il fallo. Per tentare di fermarlo Wim Jansen, un instancabile mediano alquanto stupidotto in fase di copertura, lo stese in piena area di rigore. L’arbitro, come nel caso precedente, non ebbe dubbi ed assegnò un secondo calcio di rigore, stavolta ai padroni di casa. Rivedendo l’azione si nota come Hölzenbein avesse trascinato ad arte la gamba per cercare il calcio di rigore e, d’altronde, il tedesco era conosciuto come un famoso “cascatore” della Bundesliga. Le proteste degli olandesi verso l’arbitro furono feroci tanto quanto quelle rivolte al loro compagno di squadra, autore del fallo.
Sul dischetto si presentò Breitner, che si incaricò di battere il penalty nel silenzio abissale dell’Olympia Stadion di Monaco di Baviera. Breitner contro Jongbloed, il portiere “matto” sempre vestito di giallo e senza guanti. Il terzino non fece una piega, sistemò la palla sul dischetto e gelò il portiere con una finta impercettibile. Jongbloed, come al solito, non tentò nemmeno di tuffarsi, quasi non volesse sporcarsi la divisa da canarino o forse perché Cruijff gli aveva suggerito di tuffarsi sulla sua sinistra. Il gol di Breitner fu la prima reti segnata dagli avversari all’Olanda in questa competizione. Infatti, il gol subito contro la Bulgaria fu in realtà un’autorete di Krol. Il gol incassato, tuttavia, non scaricò il “matto”. Galvanizzati dal gol del pareggio e sospinti da un oceanico ululare del pubblico, i tedeschi tentarono l’immediato raddoppio. Il trentaquattrenne estremo difensore si ergeva a protagonista supremo: al 34’ Vogts abbandonava Cruijff per cercare gloria in attacco. Scambio volante con Müller e, solo soletto davanti al portiere, sparava una bomba a mezza altezza sulla quale “il tabaccaio” si superò.
Poi alzava sulla traversa un pallonetto di Beckenbauer su calcio di punizione e quindi, con l’aiuto di Rijsbergen, neutralizzava un tiro di Höeness. Gli attacchi dei padroni di casa assumevano toni forsennati: i bianchi venivano giù a valanga, in sei o sette alla volta e fatalmente prestavano il fianco al contropiede olandese, che pero aveva le polveri umidicce. L’Olanda tentava di creare qualche scompenso davanti a Maier: Cruijff veniva inseguito da Beckenbauer e, ricordandosi di essere in campo, offriva a Rep una palla d’oro, ma la conclusione dell’ala sinistra terminava proprio tra le braccia del portiere tedesco. Qualche anno più tardi Rep, con i modi poco gentili che da sempre lo hanno contraddistinto, dirà che Cruijff gli ha passato la palla per evitare l’uno contro uno con Maier. Il portiere tedesco, sebbene avesse avuto anche un pò di fortuna, quel giorno appariva insuperabile. Si giunse verso la fine del primo tempo: molti pensavano già al riposo quando, al 43’, Rainer Bonhof scese sulla destra e mise rasoterra al centro per Müller che era leggermente avanzato rispetto alla traiettoria del pallone. Müller tentò lo stop, che però non gli riuscì; la palla rimase tuttavia nel raggio di due metri e il piccolo centravanti fece due passi indietro e si girò fulmineo verso la porta, anticipando Krol e Haan. Il suo destro non era per nulla irresistibile, viaggiava lentissimo, ma Jongbloed, mal piazzato sul primo palo, vide rotolare il pallone in fondo al sacco per la rete del 2–1.
Al duplice fischio di Taylor, van Hanegem tirò la palla contro l’arbitro, che però se la prese con l’incolpevole Johan Cruijff. Questi, fumantino di suo, ne approfittò per togliersi qualche sasso dalle scarpe. Ne venne fuori un’interminabile pantomima che determinò l’inevitabile ammonizione del capitano olandese. Tutto questo a gioco fermo, mentre i ventidue e la terna arbitrale si avviavano verso gli spogliatoi. Durante l’intervallo Rinus Michels capì che doveva giocare il tutto per tutto. Tolse Rensenbrink, piuttosto spento, e inserì Renè Van de Kerkhof, anziché Piet Keizer. Helmut Schön, invece, lasciava tutto com’era. Il secondo tempo scorreva via con la Germania Ovest padrona del campo. L’Olanda attaccava, non aveva scelta, ma la sensazione netta era che si sarebbe potuto giocare per una settimana senza che gli Oranje potessero riuscire a realizzare un gol. L’Olanda teneva palla, ma non faceva male, anzi rischiò di subire il terzo gol, che Müller in effetti realizzò, ma che fu annullato per un inesistente fuorigioco.
L’impassibile CT teutonico azzeccava la mossa della vita (Vogts su Cruijff) e la giornata no del numero 14 più famoso al mondo lo trasformò in un mago. Berti Vogts, soprannominato “il mastino”, giocò una sfida personale contro Cruijff. Alla fine si aggiudicò nettamente il duello, non lasciando mai un centimetro di spazio in più del necessario al prodigio olandese. La situazione non cambiò e a metà del secondo tempo Michels sostituì lo stopper Rijsbergen con il mediano de Jong. Erano dei disperati colpi di coda, poiché la partita era saldamente nelle mani dei tedeschi. Verso la fine, prima Höeness graziava Jongbloed, inciampando sul pallone al momento di calciare in porta, quindi l’arbitro Taylor non se la sentì di fischiare un altro rigore in favore dei tedeschi per un rude intervento di Jansen su Hölzenbein (i due protagonisti del rigore fischiato precedentemente a favore della Germania Ovest). La gara terminava con la vittoria dei tedeschi, mentre sul prato restavano sconsolati gli sconfitti, coloro che avevano insegnato un calcio nuovo, il calcio totale.
La generazione di fenomeni crollò sul più bello e, dopo aver deliziato pubblico e critica, tornò a casa a mani vuote.

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